Lezione 12 - Svergognare gli altri.

Italian Lesson 12

 

Lezione N° 12.

 

Svergognare gli altri.

 

Halachà:

 

Svergognare pubblicamente un altro ebreo è come versare il sangue (perché quando uno è imbarazzato, il sangue letteralmente si ritira dalla faccia della vittima). Il Chazal dice che “uno dovrebbe piuttosto essere gettato in una violenta fornace che esporre un’altra persona al pubblico ludibrio”. Questo si impara dall’incidente di Tamar (la nuora di Yehudà), che era sospettata di comportamento immorale e, come figlia di un Cohen, avrebbe dovuto essere condannata a morire nel fuoco. Come stava per essere messa sul fuoco, lei mandò un messaggio a suo suocero chiedendogli se avrebbe accettato  di ammettere la sua parte nell’incidente e pertanto provare che lei era innocente. Se, tuttavia, lui non si fosse presentato, lei non lo avrebbe svergognato abbandonandolo al suo destino, anche se lei avrebbe dovuto essere gettata nelle fiamme.

 

Una delle qualità principali dei Benè Israel è la moderazione. La Torà è molto meticolosa sul fatto di proteggere un ebreo dalla vergogna. Vediamo come fortemente la Torà valuti la conservazione del Kavod Habriot, la dignità umana, dal fatto che a volte la conservazione del Kavod Habriot lascia da parte anche certe proibizioni rabbiniche, anche se queste proibizioni si basano sull’obbligo della Torà di non deviare. “Non deviare né a destra né a sinistra da quello che essi (i Cohanim) ti dicono (Devarim  17:11). I Cohanim volevano anche rinunziare  al loro proprio onore (col permettere che le regole che essi istituivano venissero disattese) in casi particolari  dove la dignità umana era messa in gioco.

 

Anche chiamando la gente con un nomignolo insultante si cade in questa categoria  ed è una pratica che deve essere assolutamente evitata. Anche un peccatore non deve essere svergognato. Non dovrebbe essere rimproverato in pubblico perché questo potrebbe causargli dell’imbarazzo. E anche se rimproveriamo qualcuno privatamente, non dovremmo procedere pesantemente su di lui ma le nostre parole dovrebbero essere scelte con cura, in modo da non metterlo in imbarazzo.

 

(Stralci dal Codice di Comportamento Ebraico di Rabbi Yitzchak Silver).

 

STORIA: (basata su un fatto vero):

 

La settimana scorsa per me era un anniversario di due anni – una sera che io non dimenticherò mai. Questo cominciò dal fatto che la notte prima ero stata privata dal sonno. Io avevo rotto anche la mia dieta e la mia donna delle pulizie aveva annullato il contratto. Mi sentivo miserabile. Quando i miei bambini vennero attraverso la porta dalle rispettive macchine che li riportavano a casa, non mi sentivo la madre allegra che avrei voluto essere, o qualcosa di simile. Non ero preparata con la cena sul tavolo come ero solita fare, così dissi ai bambini che potevano giocare fuori fino a che non li avessi chiamati.

 

Per qualche ragione, quando sono esaurita al massimo, riverso tutto sui miei bambini. Sono un bersaglio facile, uno sbocco per le mie grandi frustrazioni, anche se io non volevo che loro ne facessero le spese. Non è che io sia una persona mediocre; soltanto io ho un forte “Yetzer Harà” in questa area. Quella sera appena avevo finito di mettere le posate d’argento sul tavolo, andai alla porta per chiamarli dentro, e vidi qualcosa che mi fece arrabbiare terribilmente. Sul sentiero del giardino c’era il figlio della vicina che piangeva incessantemente con mio figlio che stava lì in piedi vicino a lui. Era tutto qui. Questo era quello che vedevo ma a causa del mio cattivo umore, il mio corpo salto su come una furia e feci delle affermazioni che finirono per imbarazzare enormemente mio figlio.

 

“Yosef! Stai di nuovo facendo il prepotente? Non è abbastanza che tu disturbi il tuo fratellino, ma hai bisogno di importunare anche i vicini? Vieni subito dentro. E’ pronta la cena, dopo devi fare il bagno, e poi devi stare nella tua camera per la notte!”

 

Il coloro se ne andò dalla faccia di mio figlio di 11 anni. Immediatamente sapevo che avrei dovuto chiedergli scusa ma lui ubbidiente ascoltò il mio comando, camminò dietro a me per entrare in casa. Prese la cena, si fece la doccia, e se ne andò nella sua stanza.

 

Io devo ammettere, Avevo timore di guardarlo. So che sono la sua mamma e che il timore in materia di disciplina dovrebbe cessare. Ma non stavo comportandomi con la mia mente razionale. Appena la mia angoscia diminuì capii che avevo creato un momento imbarazzante per lui di fronte a due dei suoi amici. Dopo alcuni minuti, raccolsi tutta la mia forza e bussai alla sua porta.

 

 

 

 

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